Dai campi toscani ai punti vendita
Giornalista, blogger e videomaker.
Laureato in Scienze della comunicazione all’Università di Siena, si occupa di contenuti per internet, strategia social e web, video produzioni e collabora con testate locali fiorentine per cui scrive approfondimenti e inchieste su temi di attualità.
Ha iniziato nel 2003 come giornalista radiofonico (syndication Cnr radio FM, Radio Cuore, Rdf 102.7) e ha lavorato per l’agenzia multimediale di RCS, per cui ha realizzato video anche per il sito Corriere.it.
Dal 2013 fa parte della redazione di Informacoop, la trasmissione tv di Unicoop Firenze.
A colpo d’occhio più rustica di altre “cugine” italiane, la nostra patata gialla si è fatta strada nel cuore e nei menù dei toscani, anche perché adatta a tanti e diversi usi in cucina. Non è stato semplice creare una filiera tutta toscana della patata. Dopo anni di impegno, battute di arresto e ripartenze, nell’ultimo biennio Unicoop Firenze è riuscita a creare una squadra di oltre quaranta coltivatori locali, alcuni riuniti in cooperative e consorzi, per portare sui banchi dell’ortofrutta un “sacco” di patate: venticinquemila quintali di tuberi con pochi chilometri sulle spalle, solo tra il 2016 e il 2017. Ora, dopo il raccolto estivo, la patata a pasta gialla arriva nei punti vendita dal sud della regione, in confezioni da due chili e mezzo o cinque chili, e rimarrà in assortimento fino ai primi mesi del 2019 grazie proprio all’impegno sul territorio. «Storicamente la Toscana non è una terra vocata a questo tipo di colture - spiega Francesco Cappelli, assistente acquisti ortofrutta di Unicoop Firenze -: servono ampi spazi da seminare, grossi macchinari dedicati alla raccolta e importanti impianti di mantenimento e stoccaggio al fine di garantire il rifornimento durante più mesi. La nostra agricoltura non era molto sviluppata in questo campo, con il tempo però siamo riusciti a creare una filiera, controllata dal nostro Ufficio qualità, e continueremo a lavorarci». Il cuore della produzione è nel livornese, tra Venturina e Bolgheri: il suolo rustico della zona dona il caratteristico aspetto “ruvido” alla patata gialla nostrana. San Miniato e Capalbio sono terre di varietà precoci. In Mugello, Valtiberina e vicino all’Abetone cresce la patata bianca, più tardiva, mentre la rossa, prodotto ricercato e di nicchia, proviene dal Casentino. Unicoop Firenze, insieme ai produttori locali, programma annualmente la semina e il ritiro, così da consentire a chi ha scommesso sul tubero toscano di fare investimenti per il futuro. «Abbiamo cercato di dare stimolo ai produttori locali in diversi settori dell’ortofrutta - aggiunge Cappelli -, per creare delle filiere toscane lì dove la nostra terra era più carente, come per la produzione della patata».
Rosso fiorentino
È il re tra i rossi. Si riconosce dalle tipiche “grinze” sulla buccia e dalla polpa carnosa, consistente, saporita, con pochi semi e poca acqua. La stagione di raccolta del pomodoro fiorentino arriva fino a settembre, ma ormai è disponibile nei supermercati tutto l’anno grazie alle serre. Coltivata in varie zone della Toscana, la pianta può dare frutti anche da 150-200 grammi, ma è meno produttiva rispetto ad altre tipologie, come il pomodoro liscio a grappolo, il che influisce sul prezzo finale. Se in passato il costoluto fiorentino era utilizzato soprattutto per sughi e passate, oggi è apprezzatissimo anche per le insalate, gratinato o semplicemente gustato su una bruschetta con un filo d’olio d’oliva. Toscano, naturalmente.
Bianche, gialle, rosse o blu, bollite o al vapore sono una valida alternativa a pane e pasta