Un giovane chirurgo italiano ha brevettato un importante strumento per operare le ernie
Giornalista e fotografa Milanese, laureata in filosofia con una tesi svolta alle isole Hawaii sulle competenze linguistiche dei delfini. Ha collaborato come giornalista free-lance con settimanali e mensili (Famiglia Cristiana, Airone, D la Repubblica delle Donne, l'Espresso, Mondo Sommerso, New Age), scrivendo sempre di animali e accompagnando gli articoli con le sue foto. Ha lavorato anche all'enciclopedia sul gatto della De Agostini. Negli ultimi tempi la fotografia d'autore è divenuta la sua occupazione principale.
Antonio Darecchio, il primo da destra, con la sua equipe
Come molti ragazzi, Antonio Darecchio insegue il suo sogno e diventa chirurgo perché quella gli sembra la specialità che gli consente di risolvere in tempo reale le patologie, gli dà la possibilità di curare veramente le malattie e di essere vicino ai suoi pazienti. Una volta laureato, nel 2008, deve affrontare problemi comuni a molti coetanei: turni massacranti e proposte sottopagate.
Nonostante questo, non cede alla tentazione di lasciare il nostro Paese, come fanno molti “cervelli in fuga” di questi tempi, e si concentra su un’idea tutta sua.
«Alla fine degli anni ‘90 si è diffusa la chirurgia laparoscopica, che attraverso l’utilizzo di una telecamera e di strumenti miniaturizzati, consente di operare con un metodo meno invasivo – ci spiega il chirurgo –; una tecnologia che mi affascinava. Per questa ragione, ancora prima di laurearmi, seguivo i miei professori nelle sale operatorie. È un approccio davvero rivoluzionario per molte patologie, ma imperfetto per le ernie inguinali e addominali».
Ricordiamo che l’ernia è un indebolimento della parete addominale attraverso il quale l’intestino tende a fuoriuscire provocando dolore e deformità; è una patologia molto comune, oltre 120.000 casi ogni anno in Italia, che se non curata può portare gravi complicazioni. L’unico modo per farlo è quello di intervenire chirurgicamente applicando una “retina” alla parete addominale per irrobustirla e mantenere gli organi al loro posto.
«Nonostante i progressi tecnologici, le complicazioni postoperatorie sono molte – spiega il medico –; il taglio utilizzato in chirurgia tradizionale è molto invasivo. I chiodini, le spirali metalliche e i punti di sutura usati per fissare la retina sono dei corpi estranei che il nostro organismo a lungo andare può rifiutare, il dolore può diventare cronico e la convalescenza è molto lunga. Ecco perché ho messo a punto una tecnica per risolvere questi problemi. Attraverso uno strumento che ho brevettato a livello mondiale, riesco a praticare un’incisione di soli 12 millimetri e a far aderire la retina fissandola alla parete addominale senza punti metallici o traumatici, evitando le complicazioni di un intervento invasivo. I miei pazienti hanno la possibilità di tornare in piena forma in due-tre giorni. Si tratta di uno strumento che ha un principio pneumatico molto semplice e, soprattutto, è anche estremamente economico. Sono stato contattato da una grande multinazionale che mi ha fatto una proposta molto allettante per venderle i diritti, ma ho preferito tenere duro ed evitare questo compromesso per riuscire a tenere i costi bassi, schivare speculazioni e rendere l’operazione accessibile a tutti. Non è stata una scelta facile, anche perché l’Italia non sostiene le iniziative di noi giovani. Infatti, l’unico modo per concretizzare il mio sogno è stato, mio malgrado, diventare un imprenditore e aprire un’azienda che produce gli strumenti marcati Ce. Tutti i miei guadagni vanno dentro quest’attività che sono riuscito ad aprire senza debiti facendo le guardie notturne e molti sacrifici. Vado negli ospedali gratuitamente per spiegare come funziona questo metodo nella speranza che lo adottino, e tendo a operare in strutture convenzionate per non pesare economicamente sui pazienti. A oggi abbiamo avuto successi al 100% e ho operato casi molti difficili. Sta andando bene e anche molte università straniere si stanno interessando a quello che faccio. Utilizzare questo strumento a livello di sistema sanitario pubblico sarebbe un grosso risparmio per le tasche dei cittadini», conclude il chirurgo.
Speriamo che questa storia aiuti i nostri giovani talentuosi a non scoraggiarsi e a credere nelle proprie idee.
Come diceva Steve Jobs: “sono convinto che circa la metà di quello che separa gli imprenditori di successo da quelli che non hanno successo sia la pura perseveranza”.
Per info: www.internationalherniacare.com, info@erniasenzadolore.com